24 Gen ACQUISTO DEI CREDITI IMMOBILIARI: Cos’è e come funziona
Negli ultimi anni, specie sotto l’egida della BCE, le banche italiane hanno ceduto – e continuano a cedere – grandi masse di crediti ipotecari (quindi, garantiti da immobili). Le possibilità di profitto per gli investitori sono enormi: infatti le banche, data la frequente urgenza di “fare cassa”, tendono a cedere i crediti in blocco a percentuali molto basse rispetto al valore nominale del credito (tra il 20 e il 40%, a seconda della tipologia del portafoglio ceduto). Ciò comporta che, qualora si acquisti il credito al “giusto prezzo” (ergo, dopo una precisa due diligence), i margini di guadagno potrebbero consentire di raddoppiare o addirittura triplicare l’originario prezzo di acquisto.
Negli anni passati questa tipologia di investimento era riservata solo ai grandi players del mercato degli NPL: banche, istituti di recupero crediti (i cosiddetti “servicers”, tra cui, sul mercato europeo, spicca l’Italiana DoValue con circa 88 miliardi di euro di crediti gestiti), fondi d’investimento.
Il motivo? Molto semplice: a essere implementato era solo il cosiddetto “mercato primario”, in cui le banche che avevano maturato al loro interno le sofferenze, cedevano grandi masse di crediti: parliamo di operazioni (cd. deals) per diverse decine di milioni di euro, divisi in migliaia di singole posizioni per ciascuna cartolarizzazione. Il tutto al fine di “ripulire” i bilanci e renderli conformi sia alle stringenti normative comunitarie e/o nazionali, sia ai desiderata dei mercati.
Ovviamente, era impensabile che un privato potesse anche solo pensare di acquistare (e gestire) simili masse di crediti.
Questo genere di mercato, come dimostrano i più recenti trend, dopo aver avuto un picco tra il 2016 e il 2018, nell’ultimo anno ha avuto un consistente calo, dovuto sia ad una fisiologica diminuzione delle posizioni non ancora oggetto di cessione, sia al fatto che le principali banche sistemiche italiane hanno mutato il loro approccio, concentrandosi sia sull’anticipazione del fenomeno della sofferenza (i cosiddetti UTP, di cui parleremo prossimamente), sia basandosi su accordi di flusso con i principali servicer.
Starete pensando: come è possibile che se il mercato è in calo, si parli ancora del “favoloso business degli NPL”?
La risposta risiede in due parole: mercato secondario.
Il mercato secondario è quel mercato in cui ad essere cedute non sono più le grandi masse, ma anche le singole posizioni, sicuramente più abbordabili e appetibili per investitori singoli. Ciò è agevolato dal fatto che, per la cessione dei crediti, la legge non prevede la necessità di una struttura giuridica particolare (sebbene alcuni istituti cedano solo a determinati tipi di società, ma lo vedremo nei prossimi articoli): nella maggioranza dei casi, anche una persona fisica può tranquillamente acquistare un credito di origine bancaria.
Il ricorso al mercato secondario sta avendo, negli ultimi periodi, un incremento esponenziale, rappresentando un’ottima opportunità d’investimento per un operatore lungimirante.
Ma perchè i players “primari” ricorrono al mercato secondario?
Le grandi moli di crediti ceduti e trasferiti in capo alle società veicolo di cartolarizzazione (S.P.V), unitamente al meccanismo delle obbligazioni che sottendono le cartolarizzazioni (e che hanno scadenze fisse), nonché alle garanzie di stato GACS, determinano per le società cui è demandata la gestione dei crediti la necessità di ottenere determinati risultati in cogenti archi temporali.
Qui entrano in gioco due fattori:
- L’imponenza delle masse in gestione spesso determina delle vulnerabilità nella gestione stessa: mancata o inesatta gestione di ogni singola posizione; previsionali elaborati mediante statistiche generalistiche, piuttosto che su dati concreti e storici divisi località per località (peculiarità propria del mercato Italiano); discrasie informative circa quanto si presuppone l’asset valga e il reale valore dello stesso, dovuti a una diffusa assenza di territorialità nella gestione; target e curve di recupero elaborate in maniera non conforme alle previsioni realistiche;
- La frequente incompatibilità del sistema giudiziario italiano (le azioni giudiziali sono spesso fondamentali e preponderanti in una corretta strategia di recupero, ndr) con le tempistiche del mercato finanziario.
La combinazione di questi fattori fa si che, per andare a creare i flussi di cassa richiesti dai mercati o dalla natura delle obbligazioni sottoscritte (che, solitamente, si dividono in junior, mezzanine e senior), chi detiene il credito sia costretto a cedere i crediti stessi, per somme leggermente superiori al prezzo di acquisizione, generando un utile nell’immediato e reinvestendo le somme in altri deals.
Dopo questa premessa, vi starete chiedendo, ma come funziona l’acquisto dei crediti? Come è possibile ottenere un profitto?
Il saggio di profitto deriva dalla differenza tra il prezzo di acquisto del credito ipotecario e il ricavo ottenuto dalla gestione del credito, ricavo che può avvenire in diverse forme:
- con la vendita all’Asta dell’immobile in garanzia (es. pago 30 un credito che nominalmente vale 100, vendo l’immobile all’asta a 70, il mio profitto è 40);
- con l’assegnazione dell’immobile in sede di procedura, una facoltà concessa al creditore a determinate condizioni (es. pago 30 un credito che nominalmente vale 100, l’immobile vale da perizia 80, chiedo assegnazione immobile, ne divento proprietario e lo rivendo, guadagnandone un margine di 50),
- Con l’escussione delle garanzie personali o accessorie connesse al credito, quali pegni, fideiussioni, garanzie consortili: ovviamente, sempre purchè dall’escussione di queste garanzie derivi un incasso superiore al prezzo di acquisto.
La fondamentale importanza di una corretta due diligence in sede di acquisizione
Nell’ambito delle acquisizioni di crediti, avere delle informazioni più dettagliate e veritiere rispetto al cedente è l’unica vera strada per l’ottenimento del profitto sperato.
Chi cede, infatti, non regala nulla. Tuttavia, spesso, le informazioni in suo possesso non sono complete, o comunque non riflettono il reale valore dell’asset oggetto di cessione, sia per ragioni di territorialità, sia per ragioni di contenimento dei costi, sia semplicemente per necessità di fare cassa immediatamente.
Pertanto, possedere maggiori informazioni – o, semplicemente, informazioni che consentano di riflettere il reale valore dell’asset – rappresenta un valore aggiunto che consente di ottenere un grande profitto. Ecco perché consigliamo vivamente di investire in crediti solo laddove, per ragioni di territorialità, conoscenza con i debitori ecc, si possa ragionevolmente ritenere di essere in questa posizione di vantaggio informativo: in caso contrario, il rischio di incorrere in una perdita è molto alto.
Del pari, non bisogna mai dimenticare che, con l’acquisizione del credito, si subentra in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi inerenti l’obbligazione stessa: in buona sostanza, si ereditano anche le cause e le eventuali anomalie del credito (usura, anatocismo, mancanze documentali ecc). Occorre quindi evitare di acquistare un credito viziato e non escutibile o gravato da cause passive che ne ritarderebbero eccessivamente l’escussione (andando ad aumentare i costi e ad erodere il profitto).
Per tutte queste ragioni appare dunque evidente che una corretta due diligence, effettuata da professionisti del settore, sia fondamentale sia per valutare l’effettiva convenienza all’acquisizione del credito, sia quale sia il giusto prezzo di acquisizione per ottenere il profitto prefissato.
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